Pensandoci bene, la storia antica di S. Pietro e’ molto piu’
“movimentata” di quanto si potrebbe supporre a prima vista. Facendo
riferimento al libro "Antologia
Carolina" di Nino Simeone e Norino Strina, ed. Della Torre, la storia antica dell’Isola vede diverse
fasi, a ben vedere, poco
conosciute:
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Neolitico, 2000 A.C., Nuragica,
fino al 9°/8° sec. A.C.
-
Fenici e Punici 7°-2°
sec. A.C., Greci
-
Romani, dal 238 A. C.
(occupazione del Sulcis da parte del Console Tiberio Sempronio Gracco) sino
alla caduta dell'Impero, 8° secolo D.C.
-
Periodo
dell’alto-medioevo: presenza sporadica di Vandali e Arabi, che occuparono S. Antioco,
fino al 1000 d.c..
Sotto l'egida della
Cristianita' dal 1000 al 1323: prima il Giudicato di
Arborea, (fu in questa circostanza, probabilmente, anche con riferimento a S. Pietro, Isola dei Falchi, che la
celebre Eleonora emano' le prime norme di protezione dei rapaci . Di qui il nome
di Falco della Regina, alla specie che popola le falesie dell'Isola. Nel 1236 Papa Gregorio IX decide di erigere una Chiesa, detta Dei
Novelli Innocenti (o di S. Pietro), tuttora il monumento piu’ antico
dell’Isola, a ricordo del
naufragio sulle coste nord orientali dell’Isola di alcune navi della c.d.
Crociata dei Fanciulli, formata da giovanissimi francesi e tedeschi,
partita dalla Francia verso la Terrasanta nel 1212, per custodirvi le
spoglie dei giovani naufraghi. Si succedono poi Pisani e Spagnoli:
fu proprio nel 1323 che "nel mese di giugno, l'Infante di Spagna Alfonso
soggiorno' per 2 giorni nell'isola, attratto dalle bellezze del
luogo".
Segue un
periodo
buio,
con saltuario predominio di forze saracene, fino ai primi del '600,
quando l'Isola ritorna nella storia:
un documento presso l'archivio di Stato di Cagliari, del 17 luglio
1617,
riferisce "circa la costruzione delle nuove torri nelle isole di S.
Pietro e S. Antioco" e in effetti la torre spagnola di avvistamento e
difesa di Portovesme, facente parte di un piu’ complesso sistema di difesa
costiera,
conferma come l'espansionismo saraceno fosse una minaccia costante per le
popolazioni del Sulcis.
Ormai il 1738, fondazione di
Carloforte, e' vicino!
Ecco ora alcuni approfondimenti che possono essere utili per
finalizzare, volendo, le escursioni che facciamo all'interno dell'Isola o
nell'Isola Madre, visitando anche qualche sito archeologico o museo.
Un
potente Dio del cielo il cui culto si tiene proprio sull'isola! |
Per cominciare posso proporvi un riferimento, fatto dal
noto archeologo Sabatino Moscati che ricorda un’iscrizione fenicia che parla
del culto , cito dal testo “I Fenici” , edit. Bompiani, di
“Baal Shamem”, dio supremo nel pantheon degli dei Fenici, “venerato
nell’Isola dei Falchi”, il “Signore del Cielo”, corrispondente di Zeus,
Giove, nella mitologia greca,
considerato uno degli dei principali di Biblo (Libano) gia’ nel X°
secolo a.C.; lo ritroviamo a Tiro, Cipro, Cartagine e in Sardegna, sempre in una
posizione gerarchica assai elevata.
Quali le ragioni della presenza del culto di un dio
cosi’ importante nella nostra piccola Isola? Ricordiamoci che questi eventi di
culto avvengono in un’epoca storica risalente alla fondazione di Roma, circa
700 A. C. !
Un Dio della medicina il
cuo culto si tiene nella Sardegna meridionale |
“Eshmun” e' un potente dio guaritore, venerato in diversi luoghi
sacri della Sardegna meridionale e
identificato con i guaritori classici Ascelepio ed Esculapio in una iscrizione
trilingue di epoca romana, di S. Nicolo' Gerrei.
A Nora il tempio di Eshmun rappresenta il maggior santuario della
citta'.
L'importanza dei culti a sfondo terapeutico nella Sardegna punica e'
confermata da statuette che rappresentano in modo schematico fedeli d'ambo i
sessi i quali si indicano le parti del corpo malate o guarite: esemplare una
statuetta di figura femminile del III^ sec. A.C ritrovata a Bithia,
l'attuale Chia, visibile al museo archeologico di Cagliari.
Questa realta' ci riporta indietro di 2300, 2700 anni e accadeva se
non nella nostra piccola Isola (ma
nel caso del culto di Baalshamen, proprio nell'Isola) nelle vicinanze di essa,
nell'Isola madre.
Le date principali nel percorso storico da Pegli a
Tabarca, a
Carloforte |
-
6 agosto 1535: (versione ritenuta piu’
attendibile da Guglielmo Salvi nel libro a cura di Strina Simeone). Trattato tra l’Imperatore Carlo V e il
Sultano di Tunisi , il quale,
minacciato dai Turchi (che conquisteranno definitivamente Tunisi nel
1574) ottiene protezione dall’imperatore ma ne diventa suo vassallo (antologia
Carolina, pg 59, in cui si fa riferimento allo storico T. Bruna). Tra gli obblighi, oltre a liberare gli
schiavi cristiani, cessare la pirateria marittima, concedere agli europei
liberta’ di commercio, e’ prevista la “perpetua concessione” della pesca
del corallo.
-
1544: L’imperatore a sua volta ne fa
concessione ad altri precisamente intorno al 1540 ai Lomellini, che ebbero da
lui il diritto di pescare il corallo nell’Isola di Tabarca, nota già da tempo
per la ricchezza dei suoi fondali.
-
1540 e dintorni: (altra versione sostenuta
da B. Rombi) Giannettino Doria, nipote del famoso
Ammiraglio Andrea, cattura il corsaro Dragut, operante nel mediterraneo
occidentale per conto di Kar-eddin-Barbarossa, capo della flotta Turca. IL Doria
esige un riscatto di 3500 ducati d’oro; il Barbarossa chiede un finanziamento
ai Lomellini offrendo in cambio la concessione perpetua dell’Isola di Tabarca.
Di fatto o perche’ i Lomellini avessero
originariamente stipulato un accordo con la corona di Spagna o, successivamente,
come dice lo Stringa (Genova e la Liguria nel Mediterraneo, Genova, 1982)
perche’ “consci dei pericoli a cui e’ soggetta tanto la gente sull’Isola
quanto i pescatori durante il lavoro in mare, stipulano un accordo con Carlo V
conquistatore di Tunisi che si accolla la proprieta’ e la difesa di Tabarca
contro un pagamento in contanti annuali, a Genova, pari ad 1/5 dell’intero
corallo pescato”
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1541: spedizione di Pegliesi a
Tabarca. Personalmente ritengo che i due orientamenti sulla circostanza
fondante il possesso di Tabarca possano coesistere alla luce del fatto che
concretamente da origine alla grande avventura dei Carolini: fatto che e’
puntualmente ocumentato da una lapide in marmo, posta, a Pegli sul muro della scalinata dell’Hotel Mediterranee. Nel 1541 un nucleo di Pegliesi , guidato
da un membro della Fam. Lomellini parte alla volta di Tabarca e lascia gli
ormeggi proprio in quel punto.
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1633: I Francesi concentrati nella colonia
del c.d. Bastion de France di Bona tentano di occupare Tabarca, alla guida di un
corso Sanson Napollon, ma falliscono.
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1718: I Lomellini subappaltano per 10 anni
a Giacomo Durazzo e Giambattista Cambiaso.
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1729: I Lomellini rientrati in possesso
dell’isola cercano successivamente di cederla ai francesi, intavolando
trattative segrete con la Compagnia Francese d’Africa.
Nel frattempo…
Si avvia a conclusione il ciclo storico
di Tabarca per diversi motivi:
-
eccesso di popolazione, 2000 anime
rispetto alla superficie dell’Isola, circa 7 ettari, lunga meno d1 km e
larga 500 mt.
-
esaurimento dei banchi di corallo
-
continua minaccia barbaresca.
In questo contesto a Tabarca si viene a
conoscenza dell’intenzione del Re di Piemonte-Sardegna Carlo Emanuele III
succeduto nel 1720 al padre Vittorio Amedeo II, di popolare alcune terre
disabitate del regno.
-
1736: Lettera del sovrano al vicere’ in
Cagliari, Marchese di Rivarolo di voler concedere in feudo “Ville e
Territori” con “obbligo ai concessionari , rispetto ai territori spopolati,
d’introdurvi la popolazione per mezzo di Nazionali o Forestieri…” La comunita’ tabarchina decide di
cogliere l’opportunita’ e inviare in ispezione il sacerdote della Missione,
padre Domenico Giovannini e il patrono di una corallina, Domenico Giacomo Rombo,
nativo dell’isola, i quali essendo diretti a Genova, sostano a Cagliari ed
iniziano le ispezioni. Visitano il territorio della Nurra,
Sassari, e le isole di San Antioco e San Pietro, scegliendo
quest’ultima. Si impegnano col vicere’ a portare un gruppo di 300 persone,
che cureranno la pesca del corallo, vendendolo allo stesso prezzo praticato ai
Lomelleini a Tabarca, l’assemblea conferma la scelta attratta
anche dalle prospettive dei traffici che la localizzazione di S. Pietro puo’
favorire.
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1737:
Agostino Tagliafico, maggiorente
tabarchino, dotato di pieni poteri dalla comunità tabarchina si reca a Cagliari
dal vicere’ per presentare il suo progetto di colonizzazione in 10 punti,
ritenuto tuttavia eccessivamente oneroso per le magre finanze del regno. Si presenta poco dopo un altro candidato,
il Marchese della Guardia don Bernardino Genoves y Cervellon, padrone della
tonnara di Portoscuso, il quale
dichiara di accettare integralmente le condizioni contenute nel progetto della
corona.
Le trattative vanno a buon fine.
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20 luglio 1737: firma della Convenzione
dell’Infeudazione.
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17 ottobre 1737: Nel Contratto si prevede che in onore del
re Carlo Emanuele III ”convenendo all gloria e perpetua memoria del
Sovrano…..il nuovo abitato sia decorato del suo gran nome, gli si darà il
nome di Carloforte”, riprendendo probabilmente l’appellativo di “Carlo il
forte” che contraddistingueva il sovrano. Segue un Contratto specifico tra don
Bernardino e il Tagliafico con concessione ai Tabarchini di “armare in
corso” bastimenti e garanzia delle necessarie sovvenzioni per l’avvio della
colonizzazione.
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15 novembre 1737: Don Bernardino nominato Duca di San
Pietro fa pervenire al Tagliafico la Dichiarazione di concessione in proprieta’ ai nuovi coloni dei terreni di S.
Pietro, arbitro della divisione lo stesso Tagliafico.
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22 febbraio 1738: sbarcano a S. Pietro i primi 86 coloni
imbarcatisi sulla tartana del cagliaritano Pier Giraud, ed iniziano subito la
costruzione del “Castello”
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17 aprile 1738: sbarco del secondo gruppo di 302
tabarchini trasportati come prima tappa a Cagliari con un vascello svedese
noleggiato. Dato il maggior numero di coloni rispetto alle originarie
previsioni, il Porcile conscio della gravita’ della situazione di Tabarca
aveva “equivocato” il numero delle persone col numero delle famiglie, si
rende necessario alloggiare la maggior parte delle persone provvisoriamente nel
fabbricato dormitorio della ciurma della Tonnara di Portoscuso, mentre quasi
tutti gli uomini validi sono impegnati nei lavori si costruzione dell’abitato
sull’Isola.
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1° maggio 1738: viene aperta al culto,
sebbene non ancora terminata, la
Chiesa di S. Carlo.
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24 maggio 1738: Giuramento di fedeltà della popolazione
ricevuto nella Tonnara di Portoscuso dal vicere’ marchese di Rivarolo. Per la comunita’
giurano Agostino Tagliafico, Francesco Vacca e Simon Rosso, in qualita’
di procuratori e Deputati. Il momento e’ la prima conclusione di
una storia appassionante che vede rivivere in una nuova patria una piccola
Comunità.
Nasce cosi’ Carloforte!
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24 giugno 1738: elezione del primo sindaco della comunità
nella persona di Giambattista Segni
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6 ottobre 1738: si distribuiscono i primi 118 lotti di
terreno alle famiglie presenti in localita’ Tacca Rossa e Tacca Bianca. Il Porcile, non avendo discendenza
maschile, ottiene per i suoi generi
dal Vicere’ il titolo di Conte.
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11giugno 1741 Tabarca: Concluso felicemente l’esodo a San
Pietro, continuano a vivere sull’isola oltre 1400 persone. Il bey di Tunisi venuto a conoscenza
dell’accordo segreto di cessione dell’isola ai francesi, ne anticipa la
conclusione occupando con Tabarca con l’inganno. Dice Stefano Vallacca, tabarchino, nelle
sue Memorie “nel di’ seguente dell’11 di giugno dell’anno 1741, che fu
il giorno fatale della perdita di quell’isola, il detto Ikonos (figlio del
bey) fingendo di voler partire, prego’ per ultimo il governatore che
nell’atto in cui andava per imbarcarsi le facesse vedere la Chiesa e tutto
quel popolo di ogni eta’ e sesso: onde datosi un tal ordine tutti quelli
abitanti, toltone quelli che erano alla pesca, si fecero vedere nella piazza
della chiesa parrocchiale dove ivi vi erano ancora i 200 soldati di Ikonos.
Allora egli togliendosi la maschera da amico , con aria severa ordino’ che
tutte le donne ragazzi e fanciulle entrassero in chiesa, dove ivi le fece
chiudere..
Segue il saccheggio e la distruzione
delle case dell’Isola, operate complessivamente da un corpo d’armata di 3000
uomini. Continua Vallacca che Ikonos “lasciando nella fortezza un Aga’ con
300 soldati, parti’ con tutti quei poveri abitanti , che ancora non potevano
credere di essere fatti schiavi, senza che ne’ gli uomini, ne’ le donne
potessero piu’ entrare nelle loro case per provvedersi almeno di qualche
straccio per potersi mutare e alla stessa guisa trattarono Padre Maestro Gio
Batta Rivarolo, parroco di Tabarca con altri due suoi religiosi dell’ordine di
S. Agostino, ai quali riusci’ prima di essere legati, di consumare le ostie
consacrate” (tratto da O. Stringa, Genova e la Liguria nel Mediterraneo, 1982).
L’invasione a tradimento si chiude con
circa 900 tabarchini ridotti in schiavitù e l’acquisizione di Tabarca alla
reggenza di Tunisi. Si tratta purtroppo della prima
deportazione di tabarchini.
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